Tutte le incognite dell’intervento in #Libia |#italia

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AJDABIYA, LIBYA - MARCH 25 2011: A civilian takes cover as a Libyan rebel fires towards pro-Gaddafi forces on March 25 2011 on the outskirts of Ajdabiya, Libya. (Photograph by Benjamin Lowy/Reportage by Getty Images)

a cura di: Pietro Batacchi da: www.portaledifesa.it del 03-03-2016

Come dimostra la drammatica, ancora non confermata, uccisione in uno scontro tra miliziani dello Stato Islamico e di Alba Libica dei 2 tecnici italiani rapiti a Sabratha, la situazione in Libia continua a peggiorare. Se si formasse un nuovo governo unitario libico e questo chiamasse un intervento internazionale di assistenza, lo scenario si presenterebbe comunque molto complesso. Tutte da verificare, infatti, sarebbero le condizioni politiche, a cominciare dal grado di appoggio che questo governo potrebbe avere non solo nei 2 attuali governi, ma anche tra i principali attori della guerra civile libica che costituiscono gli “azionisti” degli stessi governi di Tripoli e Tobruk. Mi riferisco soprattutto alle varie milizie/gruppi di potere/interesse locali che, pur riconoscendosi in uno dei 2 campi, portano in molti casi avanti agende indipendenti e sono dotati di un potere militare rilevante. Vediamo quali sono questi attori.

Nel campo di Tripoli, il gruppo più forte è l’Unione dei Rivoluzionari di Misurata, guidata da Salahuddin Badi (ex Comandante dell’intelligence militare) e costituita da circa 40.000 membri. Basata nella città di Misurata che oggi, di fatto, costituisce un vero e proprio stato a sé stante, rappresenta il gruppo armato più potente, ben addestrato ed equipaggiato tra le varie milizie libiche; il suo arsenale comprende una cinquantina di vecchi carri armati T-55, oltre un migliaio di pickup equipaggiati con pezzi di artiglieria anti-aerea da 14,5 mm e 23 mm, cannoni M40 da 106 mm e sistemi trinati antiaerei M55A4B1 da 20 mm. A questi equipaggiamenti bisogna aggiungere blindati da combattimento cingolati BMP e BTR, qualche centinaio, lanciarazzi multipli BM-21 GRAD e diversi sistemi controcarro. Pur facendo parte della coalizione Alba Libica che sostiene Tripoli, i Misuratini hanno un’agenda indipendente e pragmatica e potrebbero essere un partner in caso di intervento internazionale a guida italiana.

C’è poi il Lybian Shield, che rappresenta un’organizzazione ombrello che raccoglie numerose milizie, basate su unità strutturate territorialmente con ruoli di combattimento, e che è tendenzialmente considerato vicino alla Fratellanza Musulmana, ma con elementi anche salafiti.

Il Libyan Shield è costituito da quasi 20.000 uomini e dispone di un notevole arsenale di armi pesanti: mortai, obici di artiglieria e lanciarazzi da 107 e 122 mm ed oltre 1.000 pickup armati con complessi antiaerei da 23 mm, 14, 5 mm, cannoni senza rinculo ecc. Questo è un altro attore su cui, in parte, si potrebbe lavorare. Nella capitale sono attivi altre 3 milizie molto importanti.

La prima è il Consiglio Militare di Tripoli. Si tratta della milizia di Abdelhakim Belhaj, ex membro del Gruppo Islamico Combattente libico ed uomo del Qatar, ora riciclatosi come politico alla guida del partito salafita Al Watan. Belhaj è il vero uomo forte di Tripoli che ama muoversi lontano dai riflettori e accreditarsi come figura puramente politica. In realtà ai suoi ordini ci sono quasi 10.000 miliziani ed è lui che controlla sia l’aeroporto cittadino di Mittiga che l’aeroporto internazionale di Tripoli.

Di fatto, i Rivoluzionari di Tripoli sono l’ala più radicale di Alba Libica e trattare con questi soggetti sarebbe molto, molto complicato. Negli ultimi giorni alcuni suoi esponenti hanno minacciato in TV il Premier designato Serraj ed i membri del Consiglio Presidenziale. Altra milizia attiva a Tripoli è quella dell’attuale Presidente berbero del Congresso Nazionale Generale, Nouri Abusahmain, denominata LROR (Libya Revolutionaries Operations Room). E’ la milizia responsabile del rapimento dell’ex Primo Ministro Ali Zeidan nell’ottobre del 2013 ed è composta da 1.000-2.000 miliziani. Nel suo arsenale figurano una cinquantina di veicoli protetti 4×4 di produzione emiratina NIMR II, visori notturni, qualche decina di sistemi antiaerei a spalla STRELA ed un pugno di carri armati T-55.In realtà, Abusahmain è uno strumento nella mani della Fratellanza Musulmana. Infine, va ricordata la RADA, ovvero la Special Deterrence Force, che si occupa soprattutto di ordine pubblico e della cura della morale islamica nella capitale. Anche questa è di tendenze salafite. La longa manus di Tripoli e della Fratellanza Musulmana in Cirenaica è la Brigata Martiri del 17 Febbraio (che combatte il Generale Haftar assieme ai qaedisti di Ansar Al Sharia e le forze del Libyan Shield nell’ambito del Consiglio della Shura dei Rivoluzionari di Bengasi). Il gruppo è formato da almeno 5.000 miliziani e dispone di un importante arsenale di armi leggere e pesanti, grazie al controllo di numerose caserme e depositi del vecchio Esercito Libico, oltre a disporre di vari campi d’addestramento.

Il campo di Tripoli, annovera anche le milizie Tuareg che si oppongono ai Tebu, anche se il cessate il fuoco tra i 2 popoli del deserto firmato lo scorso autunno a Doha per ora sembra reggere. Nel campo avverso, quello di Tobruk, l’attore principale è l’Esercito Nazionale Libico del Generale Khalifa Haftar. Più che un Esercito, si tratta di una milizia di tendenze nazionaliste che raggruppa pezzi delle Forze Armate del vecchio regime gheddafiano, elementi anti-islamici ecc. La componente terrestre dovrebbe essere composta da circa 30.000 uomini, organizzati in brigate e battaglioni. L’arsenale è composto da un centinaio di veicoli tattici NIMR II, 200 HUMVEE, circa 300 autoblindo leggere BRDM-2, equipaggiate all’occorrenza con missili anticarro AT-3 SAGGER, e di tutti gli autoblindo PUMA forniti negli scorsi anni alla Libia dall’Italia. Ad essi si aggiungono una manciata di carri armati T-55, T-62 e T-72 e una grossa quantità di blindati trasporto truppe: 300 BMP-1, 50 BTR-60PB e una ventina di M113, incluse le varianti portamortaio M106 M30. Le forze di Haftar dispongono anche di sistemi missilistici sup-aria a spalla IGLA-S (SA-24) e di una ventina di veicoli antiaerei M53/59 PRAGA dotati di cannoni binati da 30 mm. Haftar dispone anche di una componente aerea ed una piccola componente navale.

La componente aerea è formata da 7-8 caccia MiG-21, 4 caccia MiG-23, 2 bombardieri tattici leggeri Su-24 ed una dozzina tra elicotteri d’attacco Mi-24 e da trasporto Mi-8. Questi velivoli sono schierati nelle basi in Cirenaica di Benina (Bengasi), dove si trova anche il Quartier Generale di Haftar, Labraq, Martubah (Derna) ed El-Nasser (Tobruk). Per il trasporto e la movimentazione delle truppe dovrebbero essere disponibili anche un Il-76D e qualche Antonov da trasporto tattico. La componente navale dovrebbe disporre solo di 3 navi operative: la motocannoniera SHAFAK classe COMBATTANTE II, la corvetta lanciamissili classe NANUCHKA II TARIQ-IBN ZIYAD e una dragamine classe NATYA. Il problema di Haftar è che considera la propria milizia un Esercito legittimo, ma che nella realtà legittimo non è: un’ulteriore variabile da prendere in considerazione in caso di intervento. Il principale alleato di Haftar, ovvero la sua testa di ponte in Tripolitania, è il Consiglio Militare dei Rivoluzionari di Al-Zintan, un gruppo “ombrello” che riunisce 23 milizie della zona di Zintan e delle montagne Nafusa, nell’estremo occidente libico. Il gruppo, famoso anche perchè “custode” di Saif Al islam Gheddafi, controllava in precedenza l’aeroporto internazionale di Tripoli da cui poi è stato scacciato dopo durissimi combattimenti. Oggi, la sua forza comprende circa 30.000 uomini, diverse centinaia di tecniche equipaggiate con mitragliatrici pesanti, cannoncini antiaerei, mortai, alcuni pezzi di artiglieria e lanciarazzi GRAD. Formalmente Haftar può contare anche sulle 20.000 Guardie Petrolifere di Ibrahim Jadran, che proteggono le infrastrutture ed i terminal della Cirenaica e del Fezzan. Sono queste le forze che, finora, hanno resistito all’offensiva dello Stato Islamico contro la Mezzaluna di Sirte. In realtà le Guardie hanno un’agenda indipendente e sono sostanzialmente autonome da Haftar ricevendo anche finanziamenti da compagnie petrolifere occidentali. Nel campo di Tobruk rientrano anche le milizie delle tribù dei Warfalla e dei Warshafena, forti soprattutto a Bani Waild e nell’area di Sirte, e le milizie Tebu del Fezzan. Fuori dai 2 fronti contrapposti di Tripoli e Tobruk troviamo i qaedisti di Ansar Al Sharia e lo Stato Islamico. Ansar Al Sharia è un gruppo di matrice qaedista-salafita legato sia ad AQMI (Al Qaeda nel Maghreb Islamico) che all’Ansar al-Sharia tunisina e può essere considerata l’erede del Gruppo Combattente Islamico Libico (LIFG), storico gruppo islamico attivo in Libia anche durante gli anni del regime di Gheddafi. Salita alla ribalta nel giugno del 2012, quando si esibì in una parata di decine di veicoli corazzati nel centro di Bengasi, richiedendo l’imposizione della legge islamica (Sharia), 3 mesi dopo prese parte all’attacco contro il consolato americano in cui persero la vita l’allora Ambasciatore Stevens e altri 3 membri del personale. Il suo obiettivo dichiarato è l’instaurazione di un califfato libico. La sua struttura è notevolmente sviluppata e ramificata, non solo in termini militari. Per quanto riguarda la composizione del braccio armato del gruppo, esso può contare su almeno 5.000 miliziani, schierati tra Bengasi e Derna ed un arsenale costituito dalle solite tecniche, una trentina di cannoni da 122 mm D30, una cinquantina di lanciarazzi BM-21 GRAD, alcuni sistemi controcarro MILAN e qualche sistema antiaereo spalleggiabile SA-7 GRAIL. Alleata di Ansar al-Sharia è la Brigata Omar al-Mukhtar, dal nome dell’eroe della resistenza libica durante la guerra coloniale italiana. La brigata è composta da circa 250 miliziani, guidati da Ziyad Balaam, e opera principalmente nelle aree intorno a Derna, Ajdabiya e Bengasi. In realtà, nell’ultimo anno Ansar Al Sharia ha perso forza e rilevanza a discapito dell’IS ed una parte dei suoi miliziani ha lasciato il gruppo proprio per aderire allo Stato Islamico. Quest’ultimo si sta radicando sempre di più in Libia e si sta espandendo non solo verso i pozzi ed i terminal petroliferi ad est di Sirte, ma anche verso sud. Gli uomini di Baghdadi sono penetrati in profondità nella parte centrale e meridionale del Paese del Nordafrica, fin nel cuore del Fezzan. Attorno ad Hon, capoluogo del distretto di Giofra tra Sirte e Sebha, sono stati creati alcuni campi di addestramento per accogliere e formare combattenti provenienti dal Sahel e dal Senegal e uomini di Boko Haram che stanno dando una decisa impennata agli organici di IS in Libia. Del resto, uno dei principali obbiettivi di Baghdadi in Libia è proprio questo: ingrossare la truppa e arruolare nuovi combattenti. Radicarsi nel centro-sud della Libia consente ad IS di penetrare i canali del contrabbando e dei traffici illegali e sfruttarli accedendo così a nuove risorse. Esattamente quanto accaduto in “Siraq”. Oggi, la forza dello Stato Islamico in Libia si può stimare in circa 8.000 uomini. Il core è costituito da foreign fighters rientrati in Libia e da quadri intermedi del gruppo giunti nel Paese negli ultimi mesi. Al gruppo hanno poi via, via aderito elementi scissionisti di Ansar Al Sharia, combattenti africani e appartenenti, soprattutto giovani, della tribù dei Gheddafi Qadadfa. Non è un caso che IS si sia radicato proprio a Sirte, vecchia roccaforte di Gheddafi. L’arsenale di IS in Libia è decisamente inferiore rispetto a quello in dotazione alle varie milizie e comprende i classici pickup armati, gli immancabili RPG e poche armi pesanti e di supporto. 

Se questa è la situazione è altissimo il rischio che una presenza internazionale sul terreno debba scontrarsi non solo con IS, ma anche con Ansar Al Sharia e le milizie più radicali del fronte di Tripoli, mentre è tutto da valutare il ruolo di Haftar. La sua pretesa, infatti, di essere alla guida di un Esercito Nazionale contrasta, però, con la realtà sul terreno e con la percezione di buona parte dei Libici.

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