Il “mito di fondazione” della catena sapienziale massonica italica ed occidentale fa riferimento ad una colonia egizia che aveva sede a Napoli fin da tempi antichi nella Regio Nilensis.
Una colonia Alessandrina si insediò a Napoli nella zona conosciuta Piazzetta del Nilo, nel 200 dc.
Già nel II secolo a.c. era presente il tempio di Iside a Pompei.
Celebravano Riti segretissimi, e in gran parte di discendenza isiaca nel tempio di Iside a Pompei.
NELLE CAVERNE
Tuttavia ben presto i Riti si trasferirono nei sotterranei della città a causa dei decreti teodosiani di fine IV secolo, che vietavano definitivamente i culti romani o egizi tradizionali, e ne sanzionavano gli eventuali superstiti fedeli.
“Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi dalla nostra autorità, che ci viene dal Giudice Celeste.”
Recitava l’editto di Tessalonica, conosciuto anche come Cunctos populos, venne emesso il 27 febbraio 380 dagli imperatori Graziano, Teodosio I e Valentiniano II.
Nel 416 un editto dell’imperatore romano d’Oriente Teodosio II stabilì che soltanto i cristiani potevano svolgere la funzione di giudice, rivestire cariche pubbliche ed arruolarsi nell’esercito. Tutti i giudici, impiegati pubblici e ufficiali dell’esercito non cristiani avrebbero dovuto dimettersi. Nel 423 Teodosio II dichiarò che tutte le religioni pagane non erano altro che “culto del demonio” ed ordinò, per tutti coloro che persistevano a praticarle, punizioni quali il carcere e la tortura.
Successivamente, l’imperatore Valentiniano III emanò (17 luglio 445) un editto che contribuì in maniera determinante all’affermazione dell’autorità e del primato della sede vescovile di Roma in Occidente. Questo editto, che non era valido nella parte orientale dell’Impero, riconosceva pienamente il primato giurisdizionale del papato, perché «Nulla deve essere fatto contro o senza l’autorità della Chiesa romana».
In molti casi, la politica degli imperatori successivi si basò sul presupposto che l’unità dell’impero richiedesse anche un’unità religiosa. Così Giustiniano impose pesanti restrizioni a tutte le religioni non cristiane. Nel 527 tutti gli eretici e i pagani persero le cariche statali, i titoli onorifici, l’abilitazione all’insegnamento e gli stipendi pubblici.
Nel 529 fu imposta di fatto la chiusura della scuola filosofica di Atene.
Si presume che intorno al 423 d.c. i riti egiziani alessandrini entrano nel segreto,probabilmente nella cave e nelle grotte sotto la Piazza del Nilo a Napoli.
In questi luoghi veniva proseguita la Sapienza non solo della terra d’Egitto, ma come un concetto di discendenza magico tradizionale, proveniente da una terra dello Spirito, dal Non Umano, discendenza identificata anche per la gran parte di misteri, nei quali parte di rilievo viene assunta dalla tradizione ermetica ed alchemica nonché dall’angelologia greco-alessandrina, con i suoi rituali di evocazione, tramandatisi segretamente anche da quel popolo, ma veniva proseguita la antica sapienza occidentale e mediterranea.
Il MONASTERO BASILIANO
Dove era il tempio di Marte presso le mura di Napoli, fu edificato in tempo antichissimo una chiesa dedicata a S. Michelarcangelo a Morfisa ed un monastero dei primi monaci Basiliani, i quali tenevano pure un’ospedale.
San Basilio, uno dei più grandi dottori Orientali della Chiesa.
Ricordiamo il mosaico della Cattedrale di Otranto si sviluppa lungo le navate, il presbiterio e l’abside. Fu commissionato dal primo arcivescovo latino della città, Gionata, e fu eseguito tra il 1163 e il 1165 da un gruppo di artisti capeggiati da Pantaleone, un monaco basiliano del monastero di San Nicola di Casole.
Nell’opera di Pantaleone, ci parla di alchimia, di esoterismo, di scienza magico-ermetica, adombrato da una narratività che, letta nel mondo esoterico, ci palesa una logica coerente e inoppugnabile, pregna di eterna attualità e testimone di un’ininterrotta tradizione che si pone al di là del tempo e delle sue profane manifestazioni.
I Basiliani, per scampare alle persecuzioni sia dagli iconoclasti nel 726 dell’imperatore bizantino Leone III Isaurico e dai mussulmani , furono costretti a nascondersi in luoghi solitari come grotte, foreste e sulle pendici delle colline, che divennero luogo d’alloggio e di preghiera. A volte, quando non potevano adattare grotte naturali, scavavano nella roccia più friabile, dove creavano dei rifugi simili a pozzi. Questi rifugi naturali, adattati a dimore, furono chiamati “laure”. Qui i monaci continuarono a praticare il loro culto. All’ingresso delle laure c’era sempre un’immagine della Madonna detta “Vergine Portinaia” destinata, secondo i monaci, a custodire il rifugio.
I paesi intorno a Leuca, facenti parte dell’impero bizantino, furono i primi ad ospitare i monaci basiliani perché erano i primi ad essere avvistati dalle navi che li portavano verso la penisola; della loro presenza sono rimasti i segni, anche se sono passati dieci secoli. Terminata la persecuzione iconoclasta nell’843, i monaci abbandonarono a mano a mano i loro rifugi e innalzarono, nei paesi più importanti, chiese e monasteri che divennero ben presto importanti centri culturali e sociali: infatti si occupavano dell’istruzione dei fanciulli e degli adulti, insegnavano le tecniche della pesca e dell’agricoltura, dissodavano la terra, rendevano fertili le paludi e le affidavano alla gente del posto per coltivarle.
Questa chiesa era ove sono le prime cappelle, entrando nella chiesa attuale di S. Domenico, dalla parte della scala grande, e che forse s’ estendeva fino alla cappella della famiglia Carafa, ove è ora il SS. Crocifisso.
Nel 1115 in questo monastero passarono i Benedettini a tempo del pontefice Pasquale. Federico lì Svevo avendo fondata un’ università vicino a questo monastero (ved. A. D. 1226) con l’opera dell’ arcivescovo di Napoli Pietro Sersale, e col consenso del Papa Gregorio IX, nel 1231 stabilì qui una casa di frati mendicanti dell’Ordine de’Predicatori, sin dal 1213 fondati da S. Domenico Gusmano.
Il MONASTERO DOMENICANO
Nel 1231 i domenicani, con a capo Fra Tommaso Agni da Lentini, giunsero a Napoli e non disponendo di una sede propria si stabilirono nell’antico monastero della chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa, gestita dai padri benedettini, prendendone possesso.
San Domenico Maggiore fu sede universitaria per un secolo.
La Biblioteca del convento di San Domenico Maggiore è una delle più importanti e antiche di Napoli.
All’interno del complesso al primo piano si trova una grande sala, accanto a quella che fu la cella di San Tommaso d’Aquino, che giunse a Napoli negli ultimi anni della sua vita nel 1269, proveniente dall’Università di Parigi, dove teorizzò le cinque vie per dimostrare l’esistenza di Dio.
Passando sotto l’ingresso barocco con in alto il busto marmoreo del santo aquinate, opera di Matteo Bottiglieri, si entra nelle due celle, in cui si trovano un altarino e il campanello che suonava quando cominciava le lezioni. Sul semplice altare si trova una rarissima tavola pittorica campana del 1200: rappresenta la crocifissione con tratti bizantini. In questa piccola cella nel 1273 il santo iniziò la stesura della terza parte del Summa Theologiae, completata dopo la sua morte da Fra Reginaldo da Piperno.
Per secoli il convento di San Domenico Maggiore e la sua Biblioteca diventò il laboratorio sapienziale di Giovanni Pontano, di ermetisti come Giordano Bruno e Tommaso Campanella.
Un convento prossimo alla sapienza egizia nascosta caverne, che lavorava attraverso una catena ininterrotta di società legate dal più rigoroso segreto, le quali, solo occasionalmente, manifeste esteriormente, e comunque sempre in nuclei molto ristretti di adepti.
I DOMENICANI
Durante il Medioevo molti domenicani si dedicarono all’adattamento delle dottrine aristoteliche alla teologia cristiana. I più eminenti furono in particolare Sant’Alberto Magno e San Tommaso d’Aquino. Molti domenicani ricoprirono compiti di rilievo e spesso erano membri di quest’ordine a formare i tribunali dell’Inquisizione. Per il loro zelo vennero soprannominati anche Domini canes («cani del Signore»).
Essi furono tra i principali ordini che operarono un notevole rinnovamento religioso, filosofico e culturale nel panorama europeo del XII secolo, insieme ai francescani, seppure talvolta in competizione con quest’ultimi.
Tra i loro interessi vi fu anche l’alchimia, in quanto appartenente al campo della filosofia naturale, con atteggiamenti diversificati nei suoi confronti.
«I primi alchimisti medievali furono proprio francescani e domenicani, poiché essi trovavano nell’alchimia gli aspetti che più li interessavano: per i domenicani era una teoria naturalistica nella quale erano compresi e spiegati sia i termini fisici che quelli metafisici. I francescani insegnavano un’alchimia che era quasi la continuazione della vita ascetica e contemplativa e strumento del rinnovamento spirituale del mondo.»
(Paolo Cortesi, Alla ricerca della pietra filosofale: storia e segreti dell’alchimia, pag. 99, Newton & Compton, 2002)
La Biblioteca del convento di San Domenico Maggiore
La costituzione della biblioteca domenicana di Napoli risale 1233. Il Capitolo Generale redatto a Parigi vietava la vendita dei preziosi libri miniati. Solo nel 1340 potettero essere venduti quelli dei confratelli defunti e le opere possedute in doppia copia, così da poter finanziare l’acquisto di altre, secondo l’approvazione domenicana di Bologna.
La libraria domenicana di Napoli, fu arricchita via via da lasciti di frati e di lettori, come la prestigiosa donazione degli scritti di Giovanni Pontano da parte dalla figlia Eugenia: 49 volumi, di cui 34 in pergamena e 15 cartacei.
La Libraria di San Domenico Maggiore conserva tra gli altri i manoscritti originali di San Tommaso d’Aquino sulla ricerca sulla Pietra Filosofale Meraviglia divina, la trascrizione delle lectio tenute dal grande filosofo e alchimista Alberto Magno, il De Caelesti hierarchia dello pseudo Dionigi, ma anche manoscritti dell’Eneide, dell’Odissea, delle opere storiche e filosofiche di Senofonte e di Aristotele, le commedie plautine, il de Arte di Ovidio, testi di Cicerone, epistole di Seneca, il de Trinate e le Homiliae di Sant’Agostino, opere a stampa della metafisica di Aristotele, preziosi testi alchemici e medici di Raimondo Lullo.
Il Complesso Monumentale di san Domenico Maggiore ebbe confermato il titolo di Università di Napoli nel 1551, e tale rimase fino al 1615. La libraria da quel momento acquistò la funzione di biblioteca per i frati maestri e gli allievi dello Studio Pubblico.
Il grande filosofo domenicano Giordano Bruno restò undici anni san Domenico Maggiore e studiando le opere di Raimondo Lullo e di Erasmo di Rotterdam. primo ispiratore delle sue teorie poi considerate eretiche che lo portarono al rogo nel 1600.
Vi risiedette anche Tommaso Campanella, che dopo aver letto i libri piu arcani della Biblioteca, nel 1591 pubblicò le sue tesi aristoteliche che gli valsero l’attenzione dell’Inquisizione: in carcere scrisse il suo capolavoro La città del Sole, una visione utopistica di Napoli.
La biblioteca intanto diveniva sempre più ricca. Papa Pio VI nel 1571 fece apporre nella sala un targa marmorea dove si vietava qualsiasi transazione legale e non dei tomi. Il priore del tempo, Domenico Viato, s’incaricò di fare un primo inventario del patrimonio librario che terminò nel 1603, oggi introvabile: la Libraria constava di 7500 volumi, di cui 2000 manoscritti rarissimi.
Nel 1685 il consiglio conventuale fece restaurare la biblioteca dall’architetto Francesco Antonio Picchiatti.
Fruitore discontinuo della Biblioteca fu anche Raimondo de Sangro, che consultava gli antichi testi di filosofia di astrologia, e di alchimia, prima di leggere quelli nell’archivio segreto pontificio.
Il consuntivo dell’inventario del 1770 riferisce di 40 mila volumi, tomi, incunabili e manoscritti posseduti dalla Biblioteca.
Nel 1806 la Libraria di San Domenico Maggiore corse un reale pericolo con il decreto di Giuseppe Bonaparte che sopprimeva le corporazioni religiose e conventuali e con quello murattiano del 1809, che dislocò molti dei volumi in altre sedi.
Solo con il ritorno dei Borbone a Napoli nel 1815 le opere ripresero la loco collocazione originaria. Nel frattempo, però, erano scomparse molte delle opere.
Nel 1969 si ricostituì in parte la ricchezza della Biblioteca con i libri provenienti dal Santuario di Madonna dell’Arco e dal convento della Sanità di Barra.
UNA LUCE NASCOSTA NEI SOTTERRANEI , IL SUPREMO ORDINE EGIZIO
Kremm-Erz racconta l’arrivo della sapienza egizia a Napoli, quindi in occidente, sotto forma della storia di Mamor Rosar Amru (la deformazione profana del vero nome MAMO Amru Rosar) misterioso personaggio, ultimo dei Pontefici di Iside, il quale giunse a Pompei per rifondare sulla costa campana i riti isiaci e solari.
Da qui il nome iniziatico plurimillenario del Pontefice Massimo dato al Gran Jerofante del S.O.E.
La Tradizione ci tramanda che i Sette Sapienti sono chiamati REX. Rex I e Rex II non sono di natura umana; Rex III, Rex IV e Rex V sono gli operativi; Rex VI e REX VII sono “riserve”, cioè subentrano alla morte fisica di uno degli operativi.
Nel 1501 Giovanni Pontano, a Napoli, per i suddetti ordini supremi, rimanifestò segretissimamente il S.O.E. per ordine del gruppo supremo dei Sette Sapienti, (Septem Sapientes).
A Giovanni Pontano, morto 17 settembre 1503, succedettero, come Gran Jerofanti e Pontefici Massimi:
- Giovan Battista Della Porta,
- Giordano Bruno,
- Tommaso Campanella,
- Raimondo di Sangro,
- Alessandro Cagliostro,
- Vincenzo di Sangro,
- Mario Pagano,
- Pietro Colletta,
- Domenico Bocchini,
- Gabriele Rossetti,
- Orazio De Attelis,
- Eduard Lytton,
- Giuseppe Gallone,
- Pasquale del Pezzo,
- Michelangelo Caetani
- Pasquale De Servis
- Giustiniano Lebano
- Ciro Formisano (Giuliano Kremmerz)
- Leone Caetani
- Arturo Reghini
Nulla trapela i successivi Gran Jerofanti e Pontefici Massimi sono troppo vicini ai nostri giorni e quindi sono “coperti” con il Segreto.
Per Tradizione e discendenza sono, come dicevamo, tre le Alte Gerarchie che governano spiritualmente l’Ordine: il Sublime Maestro Gran Jerofante e Pontefice Massimo, MAMO Amru Rosar; il Sublime Maestro Gran Jerofante Vicario, Nabu en Gir; il Sublime Maestro Gran Jerofante Segretario, Izar Bne Escur.
Questo triade agisce in maniera tale che, ad esempio, a morte di Mamo, Nabu diventa Mamo, Izar diventa Nabu e viene cooptato un nuovo Izar.
La Camera Iperurania (così viene chiamata) è composta anche da altri Fratelli cooptati “a chiamata spirituale” e mai su loro richiesta, per particolare qualificazione iniziatica e speciali meriti nei confronti dell’Ordine.
LA TESTIMONIANZA DELLA FONTANA DEL NILO
Nel ‘500 a Napoli, presso la chiesa “magica” di San Domenico Maggiore, fu innalzata una particolare fontanella con un reperto di epoca imprecisata che rappresenta il corpo disteso di una divinità con barba che rappresenta il Dio Nilo.
Francesco Brunelli parla di una “corporazione di egizi esistente a Napoli sin dall’età imperiale”.
Per cui “sarebbe rimasto l’Eggregore del culto egizio adattato a Fratellanza Magico-ermetica”, in quella zona di cui abbiamo già parlato, che tutt’oggi porta il nome di Piazzetta Nilo: la fusione dei Misteri egizi portati da questa colonia con la spiritualità di un centro di sapienza italica, e pitagorica in particolare, presente a Neapolis avrebbe dato luogo alla costituzione dell’ Ordine che si è tramandato nel tempo fino ai nostri giorni.
Vedremo che qui vi fu una delle emanazioni manifeste della Sapienza Antica.
Arcana Arcanorum è basata su schemi egizi osiridei di Napoli del 67 d.c. propriamente detti Scala di Abido
LA PERFETTA UNIONE
Testimonianza di questa “luce nascosta nei sotterranei” è il sigillo della prima Loggia massonica la Perfetta Unione sorta ovviamente a Napoli nel 1728 sulla quale torneremo più avanti, nel quale si fa uso di simboli prettamente egizi quali la piramide e la Sfinge: la leggenda incisa intorno al sigillo dice “Latomorum fraternitas”, Fratellanza delle Caverne.
La Perfetta Unione, è la prima loggia regolare in Italia ad avere autorizzazione della Gran Loggia d’Inghilterra.
Il SOE nel 1736 incaricò il ventiseienne Principe de Sangro di accendere e costituire la (questa la dicitura esatta) “Loggia di perfectionamento di San Giovanni di Scozia per constituire Mastri Segreti del Tempio all’uopo di perfectionare i Mastri liberi muratori nella scientia magica della Scala di Napoli”.
Il S.O.E., tramite MAMO Amru Rosar Gran Jerofante e Pontefice Massimo Raimondo de Sangro, Principe di San Severo, fu anche il reale fondatore del RSAA e pochi lo sanno, per il saccheggio iniziatico che presto fu fatto dalla cultura inglese e dai reali d’Inghilterra, ancora sedicenti detentori di Tradizioni che sono spurie e fallaci.
Il Rito Scozzese Antico e Accettato, come i più sanno, fu la sintesi finale di una riforma che interessò varie Tradizioni massoniche, nel XVIII secolo, nell’ambito del Regime Scozzese.
Questo cosiddetto “Regime” ebbe origine a partire dal 1738 circa, e proseguì col Capitolo di Clermont (1754), che attivò un sistema rituale detto Rito di Perfezione o anche Rito di Heredom.
Nel 1744-1745 ci fu la Creazione della Loggia dei Maestri Scozzesi San Giovanni di Gerusalemme, a Bordeaux, da parte di Etienne Morin.
In questa Loggia si praticarono per la prima volta i 14 Gradi del Rito di Perfezione.
CAGLIOSTRO
Cagliostro nel 1767 portò a Napoli da Malta i rituali della Loggia Discrezione ed Armonia, ove era stato iniziato nel 1766 insieme a Luigi D’Aquino di Caramanico, cugino del principe Raimondo di Sangro.
A Napoli vennero aggiunti a questi rituali, ad opera del principe D’Aquino di Caramanico e forse di Cagliostro, per suggerimento del suo maestro Althotas, i tre gradi dell’Arcana Arcanorum o Scala di Napoli, che oggi sono di esclusiva e legittima celebrazione della Catena Fuoco.
Nel 1784 a Lione, dietro richiesta del S.O.E., Cagliostro fondò la Loggia Madre La Saggezza Trionfante, nonché le Logge Femminili di Adozione, che oggi il S.O.E. vuole rifondare con una radicale riforma dei rituali, di tipo Isiaco.
NEL 1800
Il Supremo Ordine Egizio, si manifestò nell’’800, anche in una delle sue estrinsecazioni esterne nella riaccensione manifesta della Fratellanza Terapeutica di Miriam, o Schola Philosophica Hermetica Classica Italica, fondata da Giuliano Kremm-Erz, pseudonimo di Ciro Formisano.
Un’ulteriore origine visibile del S. O. E. sotto forma di accettazione della ritualità massonica, dopo la riaccensione della Catena Fuoco da parte del Principe di Sangro, che però rimase e continuò segretissima, sarebbe dovuta a Domenico Bocchini, (1775-1840. il quale iniziato al Rito Scozzese Reale, entrò nella Loggia La Vigilanza di Napoli del barone Lorenzo de Montemayor, ultimo Gran Jerofante e Pontefice Massimo (Mamo Amru Rosar), conosciuto nel Regno di Napoli.
Egli sarebbe stato iniziato nella cerchia degli ermetisti discendenti da De Sangro, i quali avevano come punto di riferimento il suo figlio primogenito Vincenzo. Del Bocchini furono discepoli Pasquale De Servis (Izar Bne Escur) e probabilmente il padre di Giustiniano Lebano, Filippo, avvocato dello stesso Foro cui apparteneva il Bocchini e massone come lui.
De Servis e Lebano insieme ad altri personaggi, il Marchese Orazio De Attellis e il Marchese Giuseppe Gallone e Crescenzo Ascione, rivelarono, sempre per ordine del S.O.E. allora di nuovo segretissimo e invisibile, nuovamente la manifestazione del Supremo Ordine Egizio (ovvero: Supremo Ordine Egizio Unico e Segreto, oppure Supremo Ordine Egizio Eterno e Invisibile), che a sua volta, tramite Giuliano Kremm-Erz, avrebbe dato origine alla Fratellanza Terapeutica di Miriam.
SUPREMO ORDINE EGIZIO
Dal Supremo Ordine Egizio sarebbe scaturita la regolarità solo ad alcune Logge nel mondo, esclusivamente di Rito Scozzese (questo dimostra che i Riti di Memphis e Misraim non hanno a che fare con il Supremo Ordine Egizio e non vanno assolutamente confusi) come forma massonica; che avrebbe inoltre ridato origine e posto sotto la propria protezione la Fratellanza T+M+ di Miriam; che avrebbe conservato in vita, segretissimamente, il vero e legittimo Ordine dei Cavalieri del Tempio; che avrebbe riacceso l’alessandrina Schola Hermetica; che avrebbe ridiffuso gli Arcana arcanorum; che avrebbe riacceso la CAITEM, Catena Fuoco.
Per quanto concerne i tre Arcana Arcanorum, (divenuti il massimo grado del Rito di Misraïm in maniera non legittima – quello accanto è l’unico segno riconosciuto – ), nascono probabilmente nell’ambito di Riti presenti a Venezia già nella prima metà del ‘700, ma il fatto che siano conosciuti anche con il nome di Scala di Napoli rende credibile che qui essi ricevettero una qualche forma di organizzazione o di perfezionamento, e certamente da Napoli giunsero in Francia tramite Cagliostro per opera del Principe Luigi D’Aquino di Caramanico, cugino di Raimondo, il quale li avrebbe confidati in punto di morte al suo amico e confratello.
Ma il Grande ed Eterno Supremo Ordine Egizio non vive sul piano terreno, si può solo incarnare se l’epoca ed il substrato lo consentono, assumendo la forma del tempo e del luogo. Il vero Iniziato sa che il contatto, l’Iniziazione al vero Supremo Ordine Egizio può avvenire solo se, in sé stessi, si origina quel preciso stato d’essere, che permette al separando di entrare in contatto con le vere Intelligenze dell’Ordine. Tale contatto è estremamente concreto ed il legame con l’Ordine indistruttibile.
Ci sono due livelli di significato per l’Egitto stesso:
1. Egitto storico, che si sviluppò in un luogo ed in un tempo;
2. Egitto, come una precisa “Qualità dell’Intelligenza”; un altro modo di esistenza dell’Intelligenza umana. Questo “Egitto” non ha niente a che vedere con i tempi storici (anche se questa Intelligenza si espresse e si incarnò nella terra del Nilo in una precisa epoca storica), ma rappresenta piuttosto un ben preciso Luogo/Stato di coscienza. Per entrare in questo Egitto, eternamente presente, l’uomo deve imporre a se stesso una disciplina. Egli deve, abbandonando la coscienza dialettica, risvegliare un rapporto interiore vivente con l’oggetto della propria ricerca, quella che AOR definiva Intelligenza del Cuore. La voce ‘Egitto’ in arcano non era intesa per quel luogo geografico comunemente conosciuto. La voce Egitto è originata da Aig-Ipt-Os. S’intendeva ogni Urbe Arcana collegata alla vasta fascia dello zodiaco urbico dell’universo arcano. Egitto quindi è voce arcana che spiega il Mondo Arcano. E gli Egizi furono detti i Subcostituiti. Pertanto Urbe Arcana, di cui l’Egitto geografico fu, in una determinata epoca, l’esplicazione e manifestazione fisica: ecco l’importanza dello studio dei documenti da esso prodotti, ma nulla di più. Oggi il Supremo Ordine Egizio è fisicamente di nuovo parzialmente manifesto, emanando l’Ordine Tradizionale Iniziatico.
Le vere organizzazioni iniziatiche, che sono sempre espressione di un Centro detentore dl una sapienza di origine sovrumana, si collocano, per tale dimensione trascendente, al di sopra delle sette religiose e delle semplici società segrete, con le quali non debbono per alcun motivo venire confuse. (René Guénon).
LA REGOLARITÀ INIZIATICA SPIRITUALE
Il S.O.E. è la manifestazione di CENTRI INIZIATICO pertanto emana regolarità iniziatica spirituale.
Il S.O.E. non emana soltanto regolarità iniziatica spirituale a organizzazioni massoniche (una sola per Stato: oggi in Italia è temporaneamente riconosciuta la Loggia Madre San Giovanni Battista Bolla 715-13-I, che si è organizzata, con altre Logge nell’O.T.I., Ordine Tradizionale Iniziatico), ma anche ad altre organizzazioni:
− Fr+T+M+ di Myriam (Ordine Magico Terapeutico fondato per Ordine del S.O.E. da Giuliano Kremmerz) nel 1909.
− U.L.T.I.M.U.S. , Ordine Templare delle Milizie del Tempio, unico in possesso della Bolla dei giuramenti e delle discendenze, bolla originale, firmata, sin dal primo Gran Maestro Hugues de Payns, fino all’ultimo, manifesto e conosciuto, Jaque de Molais, con i successori Gran Maestri, per Ordine Supremo, occulti fino ai giorni nostri. I Templari regolari riconosciuti dal S.O.E. hanno sede segreta a Parigi.
− Catena FUOCO (C+A+I+T+E+M+), catena iniziatica di evocazione e di pontificato, riservatissima e riaccesa, sempre per ordine del S.O.E. dal Principe Raimondo di Sangro Principe di San Severo, collegata alla Catena massima degli arcana arcanorum, ovvero Scala di Napoli
− Arcana Arcanorum (Scala di Napoli), che collegano con l’energia magica-operativa, tutte le emanazioni del S.O.E.
−Schola Ermetica, scuola di formazione magico-operativa di tipo ermetico, con azioni di magia cerimoniale. − Sacerdotesse di Iside, antichissima rituaria femminile di prossima riemanazione.
IN CALCE
Da René Guénon
Considerazioni sull’iniziazione
Pensiamo averne detto abbastanza al fine di mostrare il più chiaramente possibile la
necessità della trasmissione iniziatica, e per far ben capire che non si tratta di cose più o
meno nebulose, ma invece estremamente precise e ben definite, nelle quali i sogni e
l’immaginazione non possono avere la minima parte, come non può averne alcuna tutto ciò
che oggi si qualifica di « subbiettivo » e di « ideale ».
Ci resta ancora, per completare una tale questione, da parlare un poco dei centri iniziatici da cui procede, direttamente o indirettamente, ogni trasmissione regolare, centri secondari essi stessi collegati col centro supremo che conserva il deposito immutabile della Tradizione primordiale, donde tutte le forme tradizionali particolari sono derivate per adattamento a tale o tal’altra circostanza definita di tempo e di luogo.
Abbiamo indicato in un altro studio in qual modo questi centri spirituali siano costituiti all’immagine del centro supremo stesso, di cui sono in qualche maniera come altrettanti riflessi; non vi ritorneremo dunque presentemente, e ci limiteremo a considerare certi punti che sono in relazione più o meno immediata con le considerazioni da noi esposte.
In primo luogo, é facile capire come il collegamento al centro supremo sia indispensabile
per assicurare la continuità di trasmissione delle influenze spirituali dalle origini stesse
della presente umanità (dovremmo anzi dire oltre queste origini, poiché si tratta del « nonumano »), attraverso tutta la durata del suo ciclo d’esistenza; è in tal modo per tutto ciò che ha veramente un carattere tradizionale, anche per le organizzazioni exoteriche, religiose od altre, almeno al loro punto di partenza; a maggior ragione é lo stesso nell’ordine iniziatico.
In pari tempo, è questo collegamento a mantenere l’unità interiore e essenziale esistente
sotto la diversità delle apparenze formali, e a garantire per conseguenza in modo
fondamentale l’« ortodossia » nel vero senso della parola. Soltanto, deve essere inteso bene che questo collegamento può non essere sempre cosciente, il che é troppo evidente
nell’ordine exoterico; invece, sembra che dovrebbe esserlo sempre nel caso delle
organizzazioni iniziatiche, di cui una delle ragioni di essere è precisamente, prendendo per
punto d’appoggio una certa forma tradizionale, di permettere il passaggio di là da tale
forma per elevarsi dalla diversità all’unità. Naturalmente, un tal fatto non significa -che
questa coscienza debba esistere in tutti i membri di una organizzazione iniziatica, il che è
palesemente impossibile e renderebbe d’altronde inutile l’esistenza di una gerarchia di
gradi; ma questa coscienza dovrebbe normalmente esistere al vertice di una tale gerarchia,
se tutti coloro che vi sono pervenuti fossero veramente « adepti », vale a dire esseri che
abbiano realizzato effettivamente la pienezza dell’iniziazione 69; e tali « adepti » –
costituirebbero un centro iniziatico costantemente in comunicazione cosciente col centro
supremo. Tuttavia in effetti può avvenire che non sia sempre così, non fosse che in seguito
ad una certa degenerescenza che rende possibile l’allontanamento dalle origini, e che può
spingersi fino ad un punto tale per cui, come precedentemente dicemmo, una
organizzazione giunga ad avere soltanto degli iniziati «virtuali», secondo l’espressione
usata in precedenza, continuando essi tuttavia a trasmettere, anche senza rendersene più
conto, l’influenza spirituale di cui l’organizzazione é depositaria. Il collegamento sussiste
allora lo stesso, per il fatto che la trasmissione non é stata interrotta, il che é sufficiente a
permettere a qualcuno che abbia ricevuto l’influenza spirituale in tali condizioni di
riprenderne sempre coscienza se ha in sé le possibilità richieste; in tal modo, anche in
questo caso, il fatto d’appartenere ad una organizzazione iniziatica é lungi dal non
rappresentare che una semplice formalità senza portata reale, come potrebbe essere per
l’adesione ad una qualsiasi associazione profana; ma, purtroppo la pensano molto
volentieri in questa maniera coloro che non vanno al fondo delle cose e che si lasciano
ingannare da qualche somiglianza puramente esteriore, d’altronde non dovuta in effetti che
allo stato di degenerescenza nel quale si trovano attualmente le sole organizzazioni
iniziatiche di cui essi possono avere qualche conoscenza più o meno superficiale.
D’altra parte, è d’uopo rilevare che una organizzazione iniziatica può procedere dal
centro supremo non direttamente, ma tramite centri secondarii e subordinati, ed è anzi il
caso più abituale; come in ogni organizzazione vi é una gerarchia di gradi, parimenti fra le
organizzazioni stesse vi é ciò che si potrebbero chiamare gradi d’« interiorità » e di «
esteriorità » relativa; ed é chiaro che quelle che sono più esteriori, vale a dire più lontane
dal centro supremo, sono anche quelle che possono perdere più facilmente la coscienza del
collegamento a quest’ultimo. Sebbene lo scopo di tutte le organizzazioni iniziatiche sia
essenzialmente lo stesso, ve ne sono alcune che si situano in qualche modo a livelli
differenti quanto alla loro partecipazione alla Tradizione primordiale (il che del resto non
vuol dire che, fra i membri di tali organizzazioni, non possa esservi chi abbia raggiunto
personalmente uno stesso grado di conoscenza effettiva); e non é il caso di meravigliarsene, se si osserva che le differenti forme tradizionali stesse non derivano tutte immediatamente
dalla medesima fonte originaria; la « catena » può contare un numero più o meno grande di anelli intermediarii, senza che vi sia perciò alcuna soluzione di continuità. L’esistenza di
questa super-posizione non è una delle ragioni minori fra tutte quelle che fanno la
complessità e la difficoltà di uno studio un po’ approfondito della costituzione delle
organizzazioni iniziatiche; bisogna altresì aggiungere che una tale superposizione può
anche incontrarsi all’interno di una stessa forma tradizionale, come se ne può trovare un
esempio particolarmente netto nel caso delle organizzazioni appartenenti alla tradizione
estremo-orientale. Quest’esempio, cui non possiamo far qui che una semplice allusione, é
forse anche uno di quelli che meglio permettono di comprendere come la continuità sia assicurata tramite i molteplici scalini costituiti da altrettante organizzazioni sovrapposte,
da quelle che, ingaggiate nel dominio dell’azione, non sono che formazioni temporanee
destinate a svolgere una parte relativamente esteriore, fino a quelle dell’ordine più
profondo, che, pur stando nel « non-agire » principiale, o piuttosto proprio per tal motivo,
danno. a tutte le altre la loro direzione reale. A questo proposito, dobbiamo richiamare
specialmente l’attenzione sul fatto che, anche se alcune di queste organizzazioni, fra le più
esteriori, si trovassero talvolta ad essere in opposizione le une alle altre, un tal fatto non
potrebbe impedire menomamente all’unità di direzione di esistere effettivamente, poiché la
direzione in questione è oltre questa opposizione, e non è nel do. minio dove essa s’afferma.
Insomma, vi é qualche cosa di paragonabile alle parti svolte da differenti attori in una
stessa rappresentazione teatrale, parti che, anche quando si oppongono, concorrono
nondimeno al procedere dell’insieme; ogni organizzazione svolge parimenti la parte cui é
destinata in un piano che la supera; ed un tal fatto può estendersi anche al dominio
exoterico, dove, in tali condizioni, tutti gli elementi che lottano gli uni contro gli altri
obbediscono nondimeno, sebbene del tutto incoscientemente ed involontariamente, ad una
direzione unica di cui non suppongono nemmeno l’esistenza .
Queste considerazioni fanno anche comprendere come, in seno ad una stessa
organizzazione, possa esistere in qualche modo una duplice gerarchia, in special maniera
nel caso in cui i capi apparenti non siano coscienti essi stessi del collegamento ad un centro
spirituale; potrà esservi allora, al di fuori della gerarchia vis bile che essi costituiscono,
un’altra gerarchia invisibile, i cui membri, senza occupare alcuna funzione « ufficiale »,
saranno tuttavia coloro clic assicureranno realmente, con la loro sola presenza, il tramite
effettivo con questo centro. Tali rappresentanti dei centri spirituali, nelle organizzazioni
relativamente esteriori, non devono evidentemente farsi conoscere come tali, e possono
prendere l’apparenza meglio conveniente all’e azione di presenza » che debbono esercitare,
che sia quella di semplici membri dell’organizzazione, se vi debbono svolgere una parte
fissa e permanente, o invece, se si tratta di una influenza momentanea o suscettibile di
spostarsi in punti differenti, quella di quei misteriosi « viaggiatori » di cui la storia profana
ha conservato più di un esempio, e il cui atteggiamento esteriore é spesso scelto nel modo
più adeguato per sviare gl’investigatori, si tratti d’altronde di colpire l’attenzione per
speciali motivi, o invece di passare completamente inosservati . In tal modo, si può ugualmente capire chi furono veramente coloro che, senza appartenere essi stessi ad alcuna organizzazione conosciuta (ed intendiamo alludere ad una organizzazione rivestita ‘di forme esteriormente discernibili), presiedettero in certi casi alla formazione di tali
organizzazioni, o in seguito le ispirarono e le diressero invisibilmente; tale fu specialmente,
durante un certo periodo 72, la parte dei Rosa-Croce nel mondo occidentale, ed è anche il
vero significato di ciò che la Massoneria del XVIII secolo designò col nome di « Superiori
Incogniti ».
Si possono così intravvedere certe possibilità d’azione dei centri spirituali, anche al di
fuori dei mezzi che sr possono considerare normali, e soprattutto quando le circostanze
sono di per se stesse anormali, vogliamo dire in condizioni tali da non più permettere l’uso
di vie più dirette e di una regolarità più apparente. Anche senza parlare di un intervento
immediato del centro supremo, che è possibile sempre e dovunque, un qualsiasi centro
spirituale può agire al di fuori della sua zona d’influenza normale, sia in favore d’individui
particolarmente « qualificati », ma che si trovino isolati in un ambiente ove l’oscuramento
sia arrivato ad un punto tale che non vi sussista quasi più nulla di tradizionale e che
l’iniziazione non possa esservi ottenuta, sia in vista di uno scopo più generale ed anche più
eccezionale, come quello consistente nel riannodare una « catena » iniziatica rotta
accidentalmente. Una tale azione, producendosi particolarmente in un periodo o in una
civiltà dove la spiritualità è quasi completamente perduta, e dove, per conseguenza, le cose
dell’ordine iniziatico sono più nascoste di quanto non lo siano in alcun altro caso, non
bisognerà meravigliarsi se le sue modalità siano estremamente difficili a definire, tanto più
che le condizioni ordinarie di luogo e qualche volta anche di tempo vi divengono per così
dire inesistenti. Non v’insisteremo dunque ulteriormente: ma è essenziale ritenere che,
anche se avviene «ho un individuo apparentemente isolato pervenga ad una iniziazione
reale, questa iniziazione non potrà mai essere spontanea che in apparenza, poiché di fatto
implicherà sempre il collegamento, per un mezzo qualsiasi, ad un centro effettivamente
esistente; al di fuori di un tale collegamento, non può essere in alcun modo questione di
iniziazione.
Se ritorniamo alla considerazione dei casi normali, dobbiamo aggiungere ancora quanto
segue alfine di evitare ogni equivoco possibile: facendo allusione a certe opposizioni, non
abbiamo affatto in vista le vie molteplici che possono essere rappresentate da altrettante
organizzazioni iniziatiche speciali, sia in corrispondenza con forme tradizionali differenti e
sia in una stessa forma tradizionale. Questa molteplicità è resa necessaria dal fatto stesso
delle differenze di natura esistenti fra gli individui, alfine che ognuno possa trovare ciò che,
essendogli conforme, gli permetta di sviluppare le proprie possibilità; se lo scopo è il
medesimo per tutti, i punti di partenza sono indefinitamente varii e paragonabili alla
moltitudine di punti di una circonferenza, donde si dipartono altrettanti raggi che
raggiungono tutti il centro unico, e che sono così l’immagine delle vie stesse di cui si tratta.
Non vi è in tutto questo nessuna opposizione, ma invece una perfetta armonia; e in vero
non può esservi opposizione che quando certe organizzazioni siano, per il fatto di
circostanze contingenti, chiamate a svolgere una parte in qualche modo accidentale,
esteriore allo scopo essenziale dell’iniziazione e non suscettibile di infirmare quest’ultimo
in alcuna maniera.
Si potrebbe tuttavia credere, secondo certe apparenze, ed in effetti lo si crede spesso, che
vi siano certe iniziazioni in se stesse opposte le une alle altre; ma si tratta di un errore, ed è facile capire perché non possa essere realmente in tal modo. Infatti, come non vi è in
principio che una Tradizione unica, da cui ogni forma tradizionale ortodossa è derivata,
così non vi può essere che una iniziazione ugualmente unica nella sua essenza, sebbene
sotto forme diverse e con modalità molteplici; laddove la « regolarità » fa difetto, vale a dire quando non vi è collegamento ad un centro tradizionale ortodosso, non si ha più da fare con la vera iniziazione, ed è soltanto abusivamente che una tale parola potrà essere ancora usata in caso simile. Non intendiamo alludere solamente alle organizzazioni pseudoiniziatiche di cui è già stato questione precedentemente, e che in verità non sono che un puro niente; ma vi è un’altra cosa che presenta un carattere più serio, ed é ciò, precisamente che può dare un’apparenza di ragione all’illusione da noi segnalata; se sembra che vi siano iniziazioni opposte, é perchè, al di fuori della vera iniziazione, vi è la « contro-iniziazione », a condizione di ben precisare in qual senso esatto una tale espressione debba essere intesa, e in quali limiti qualche cosa possa davvero opporsi all’iniziazione; ci siamo del resto sufficientemente spiegati altrove su questa questione per non aver bisogno di ritornarvi qui in modo speciale.