Per secoli, in occidente come in oriente le società umane hanno diffuso un modello culturale e sociale basato nella maggior parte dei casi sulla subordinazione, o per lo meno sull’accantonamento, della figura della donna e di tutto il genere femminile. In realtà tale modello è completamente fallace se non addirittura controproducente. In molte civiltà antiche è ormai risaputo e provato che alla donna era riservato un ruolo di primaria importanza, paritetico a quello dell’uomo ed in alcuni casi superiore (sono infatti numerosi gli esempi delle antiche società matriarcali).
Tutte le tradizioni esoteriche, ed oggi l’Archeosofia, hanno insegnato e tramandato l’esistenza di un ordine metafisico superiore completamente differente da ciò al quale noi siamo oggi abituati a pensare. Tale realtà spirituale si riflette nella materia e nella realtà fisica organizzandola secondo un modello duale o, per essere ancora più chiari, bipolare. Nella natura esiste un polo maschile ed uno femminile, entrambi paritetici ma con funzioni differenti. Ritenere che si possa prescindere da uno dei due è probabilmente uno degli errori più grossolani che si possano commettere. In virtù di tale dualismo, che Palamidessi definisce nelle sue opere come “dialettica del creato”, tutta la Natura si organizza e si sviluppa in modo armonico. Nel 2° Quaderno di Archeosofia intitolato “L’Iniziazione per la donna e l’Adeptato femminile”, Tommaso Palamidessi scrive: “nell’Universo metafisico sussistono l’Eterno Mascolino e l’Eterno Femminino. Il culto mariano è una vaga intuizione popolare dell’Eterno Femminino, il riaffiorare di un culto antichissimo dell’aspetto femminile della Divinità, e la dimostrazione che la Donna ha la sua parte decisiva e nobilissima per l’evoluzione e l’ascesi di tutto il genere umano”. Anche il genere umano si differenzia in due poli: uno femminile e l’atro maschile. L’armonia che deve sussistere tra i due aspetti va ricercata e perseguita senza sosta.
Per spiegare il raggiungimento di questo elevatissimo stato di coscienza, gli antichi iniziati alle tradizioni misteriche elaborarono il mito dell’androgino. Androgino deriva da due parole greche ἀνήρ (anèr) che significa “uomo”, e γυνή (ghiunè) che è l’equivalente del vocabolo “donna”. Il mito dell’Androgino viene riportato in molte cosmogonie dell’antichità ed è stato tramandato utilizzando simboli tra loro differenti nella forma ma equivalenti nel significato. È citato, ad esempio, da Platone che lo riteneva come una condizione spirituale ideale nella quale entrambe le componenti, maschile e femminile, erano dotate di importanza paritaria, escludendo la subordinazione di una rispetto all’altro: nell’androgino il polo maschile e quello femminile si trovavano in uno stato di perfetta armonia ed equilibrio. Presso i Veda ancora, Shiva e Shakti, le due divinità una maschile e l’altra femminile, venivano spesso rappresentate unite in un abbraccio, il cui significato è assai simile a ciò che in Cina era delineato con il simbolo dello Yin e dello Yang: in esso le due polarità, il nero ed il bianco, si uniscono all’interno della medesima circonferenza.
Nel Midrash, libro proprio della tradizione esoterica giudaica, si fa riferimento ad un Adamo definito come “uomo e donna” allo stesso tempo. Nel libro della Genesi, prima ancora della celebre creazione della donna dalla costola di Adamo, al versetto 27 del capitolo 1 si afferma che l’essere umano fu creato maschio e femmina da Elohim.
Anche nel Bardo Todol, testo tibetano, si fa riferimento a delle divinità maschili e femminili che si fondono in un amplesso simbolo di un’unione metafisica nella quale la componente maschile e la componente femminile sono congiunte al medesimo tempo. Appare dunque evidente la presenza di una lunga e secolare tradizione che propugna l’esistenza di un’energia soggetta a due termini di contrarietà. Essa si polarizza secondo due poli opposti e complementari. Lo stato androgino è la risultante del perfetto equilibrio di queste due forze, espressioni della medesima energia spirituale. Dottrina riconosciuta ed accettata nel passato più che ai giorni nostri, in cui assistiamo quotidianamente alla difficoltà di accogliere la pariteticità della componente femminile rispetto a quella maschile, espressione di uno dei due poli che regolano la vita nell’Universo. In molti ambiti della società, nonché in molte coscienze, è diffusa l’idea che la donna e tutte le sue espressioni siano sinonimo di debolezza, di fragilità, di incapacità rispetto alle “gagliarde capacità mascoline”. Nel passato era particolarmente sentito il culto della donna in quanto datrice di vita, basti pensare alle famose statuette rappresentanti la Grande Madre, che ci vengono dall’epoca neolitica, oppure a Gea, Rea e numerose altre dee Ctonie dell’antichità. “Ctonio” deriva dal greco e significa scuro, nero come la terra: le Dee Ctonie rappresentavano la Madre-Terra e ad esse era associata la Natura quale dispensatrice di vita.
Una eco di questo particolare culto è rappresentata dalle Vergini Nere che si trovano, per citarne alcune, nella tradizione etiope o anche in Italia ed in Francia. Esistono ancora oggi numerose chiese nelle quali troviamo le statue di Vergini ctonie, legate cioè al culto della Madre Terra, matrice universale di vita e di generazione. È facilmente intuibile quale potenza si celi dietro la capacità di generare, quale forza all’interno del cosmo sia in relazione alla Donna. Il rispetto e la considerazione di tale potenza e dell’universo femminile è alla base di tutte quelle antiche società di stampo matriarcale che vennero poi sopraffatte dai nuovi popoli indoeuropei.
Le invasioni indoeuropee (ancora oggi gli archeologi e gli storici non concordano sulla cronologia che oscilla in un periodo compreso tra il 4.000 ed il 20.000 a.C.) modificarono strutturalmente la società del tempo organizzandola secondo un modello patriarcale e prevedendo la suddivisione nelle tre caste di sacerdoti, guerrieri e manovali.
Il passaggio, di certo non facile e non poco traumatico, da una società di tipo matriarcale ad una patriarcale, comportò il progressivo diffondersi dell’idea secondo la quale la donna aveva un ruolo ed una posizione subordinata rispetto alla figura dell’uomo, capace di portare le armi e di contribuire alla sopravvivenza dei popoli guerrieri indoeuropei.
Con il passare dei secoli la maggior parte del genere umano iniziò a uniformarsi a quest’idea, combattuta e rifiutata solo nei circoli misterici ed iniziatici, detentori della sapienza primordiale ed all’interno dei quali era ammessa la presenza delle donne. Alcuni esempi storici sono costituiti dalla grande considerazione di Pitagora, istruito egli stesso da una donna di nome Temistoclea, da Platone, dai collegi sacerdotali femminili e profetici dell’Antica Grecia (si pensi alle Sibille), dalle celeberrime Vestali romane custodi del Fuoco Sacro (emblema della potenza generatrice e della vita universale).
La donna nel Cristianesimo originario amministrava i sacramenti. Vi erano delle sacerdotesse donne. Si pensi alla figura di MariaProphetissa, donna nel Didaskaleon di Alessandria d’Egitto, scuola di cristianesimo esoterico all’interno del quale “le donne ispirate dallo Spirito Santo profetavano ed insegnavano, catechizzavano, iniziavano gli uomini ai misteri del Cristianesimo. Da quella gloriosa scuola uscirono i maggiori Maestri dell’epoca: Panteno, Clemente Alessandrino, Origene, Alessandro vescovo di Gerusalemme” (Tommaso Palamidessi, 2° Quaderno di Archeosofia). Ma perché l’importanza della Donna così tenuta altamente in considerazione e custodita negli antichi circoli iniziatici non si è facilmente diffusa nel mondo e nella società? La risposta è probabilmente la risultante di tre considerazioni: in prima battuta è necessario tenere presente il carattere segreto e riservato degli ambienti esoterici ed iniziatici.
Tale caratteristica aveva la finalità di preservare le conoscenze, le tecniche e la dottrina da ogni genere di profanazione esterna. La seconda considerazione ci impone di tener conto del cosiddetto fenomeno del “panpsichismo”, concezione elaborata e condivisa da Platone, Campanella, Giordano Bruno, Gerolamo Cardano, Goethe. Tommaso Palamidessi ci chiarisce questa cognizione affermando nel 46° Quaderno di Archeosofia (Le Meraviglie della Radiestesia) che: “in virtù del panpsichismo (=tutto è anima, psiche), sussiste una simpatia, una corrispondenza fra i diversi piani o mondi della manifestazione. I piani che si compenetrano come le onde della radio fra loro, si influenzano reciprocamente per sintonia panpsichica”. Ciascuna coscienza è infatti in collegamento con le altre e a loro volta esse costituiscono una coscienza universale unica. Il rapporto sinergico che si stabilisce tra le coscienze individuali dell’uomo e della donna prevede un’influenza ed uno scambio reciproco fra le stesse. Il pensiero, che ha capacità creatrice, produce sui vari piani metafisici delle entità, conosciute dalla tradizione esoterica moderna ed archeosofica con il termine di forme-pensiero. Esse resistono negli anni o addirittura nei secoli in virtù della carica psichica ricevuta: quanto più degli individui pensano a qualcosa, questo “qualcosa” si concretizza nel mondo plastico della mente, fino ad assumere una forma “semi-cosciente”, la forma-pensiero appunto, che a sua volta ne trae rafforzamento ingigantendosi e influenzando le menti fintanto da stimolarle nel perseverare a porvi attenzione.
Ci sarebbe poi da fare una precisazione sull’inconscio collettivo e l’inconscio personale, ma non è questa la sede appropriata, magari lo farò in uno scritto più pertinente a questo tema. La diffusione operata in seno alle società guerriere indoeuropee di un’idea secondo la quale la donna non godeva di pari dignità rispetto all’uomo, ha fatto sì che per millenni migliaia di esseri umani ragionassero e di conseguenza rafforzassero tale assurdo concetto, rifiutato invece dai veri iniziati e custodi della sapienza primordiale.
Terza ed ultima considerazione è costituita dal fatto che nel mondo agiscono anche forze che operano al fine di favorire l’allontanamento dell’Uomo e della Donna da Dio. Tali potenze, rappresentate ad esempio nel libro della Genesi dal serpente, sono ben consapevoli del potere e dell’importanza del Femminile per il genere umano. Tommaso Palamidessi le definisce nel 2° Quaderno differenziandole in arimaniche e luciferiche: “Le potenze Arimaniche si manifestano nel regno minerale, vegetale, solo come causa d’inaridimento, essiccamento e morte; nel regno umano operano per distaccare il più possibile l’anima dal mondo dello spirito onde incorporarla del tutto nel loro mondo materialmente libero (il serpente). La seduzione viene operata con la sensibilità, la sensualità, la corporeità, la tangibilità, il formalismo, l’idolatria, ecc. Le potenze spirituali Luciferiche vogliono staccare del tutto l’anima umana dai sensi, dal mondo dei sensi, conducendola all’orgoglio, al titanismo, all’atteggiamento spirituale anarchico, autarchico, ostile all’ordinamento del mondo”. Come conseguenza del fenomeno del panpsichismo e dell’azione delle potenze arimaniche e luciferiche operanti sulle coscienze umane, si è assistito ad una vera e propria opera di mistificazione di ciò che deve essere il ruolo della donna. La sola presenza femminile, come scrive Palamidessi, “è sufficiente per muovere le energie dell’uomo, risvegliare la sua creatività artistica, il fervore religioso, lo spirito di ricerca scientifica e filosofica e l’eroismo”. Una donna tenuta in catene, oppressa, limitata e mutilata nelle sue espressioni spirituali tarpa le ali dell’evoluzione di tutto il genere umano.
Ma oggi è giunto il tempo di smuovere le nostre anime dal torpore e dal sonno che per secoli ci ha attanagliati: è il tempo del risveglio della coscienza.
La donna per l’Archeosofia, afferma Palamidessi, “è un pensiero di Dio oggettivato, è un atto creativo, un’espressione concreta d’amore, un’immagine somigliante a lui e che racchiude l’impronta della maternità divina” (2° quaderno di Archeosofia). La donna è espressione d’amore e di vita. Questa verità è stata per millenni affermata, talvolta in modo palese altre in modo più occulto, da tutte le tradizioni esoteriche. Nella tradizione egizia, Iside, detentrice della chiave della vita o croce ansata, era spesso rappresentata con sembianze scure. Iside era la matrice della vita, la custode della chiave ansata la cui parte superiore rigonfia, tra i vari simbolismi, ricorda una sorta di grembo recante in sé la potenza generatrice capace di mettere in moto le forze latenti dell’universo.Quest’aspetto venne affermato anche dal Cristianesimo. Si pensi all’importanza della donna data nei Vangeli: per intercessione di una donna, Maria, si compie il primo miracolo a Cana; sono le pie donne le prime persone ad annunciare la resurrezione del Redentore; alla donna di Samaria “Cristo parlò di quel culto unico, di quella unità trascendentale di tutte le religioni non ai maestri di Israele, non agli uomini, ma ad una donna, la sola capace di poter capire certe sottigliezze teologiche e la loro portata gigantesca”; le parole ed i gesti esternati con Maria Maddalena sono emblematici del fatto che la donna ha la capacità di riconoscere, di intuire immediatamente: “La psicologia della donna è caratterizzata dalla profondità e dalla forza del sentimento. Ciò coincide con la sua inclinazione all’intimità, alla spiritualità, all’ardente desiderio di curare, di soccorrere, di essere qualcosa per gli altri. È evidente che questa dote innata può essere messa al servizio della vita religiosa propria e altrui. Certo, più di ogni altra la religione cristiana è ricca di valori sentimentali. La donna soltanto è capace di capire la portata profonda e delicata di certe parole… essa ama Dio con tutte la totalità del suo essere, e per questo nemmeno le crisi spirituali di sfiducia possono distaccarla del tutto da Dio” (T. Palamidessi, 2° Quaderno di Archeosofia).
La potenza rinnovatrice del mondo risiede nella Donna: così come “Eva” fu sedotta dal serpente, una “Nuova Eva” (Maria Vergine) si sottomise al volere divino partorendo Colui che sarà poi il Cristo, e nella visione apocalittica di Giovanni una “Donna vestita di Sole” schiaccerà il capo al serpente che le insidia il calcagno. Grazie al cristianesimo si è diffusa la dottrina della Teologia Sofianica secondo la quale Sophia, la Sapienza, è creatura vera, angelica, che presiede all’evoluzione dell’umanità (cfr. di Palamidessi, “Le basi della Teologia Sofianica”). I Fedeli d’Amore, Dante, Cecco d’Ascoli, si sono ispirati alla figura di una “Madonna”, di una Signora, simbolo della Sofia, la sapienza divina. E l’amore nei confronti di questa donna era in realtà l’amore dell’asceta nei confronti della saggezza.
Oggi la scuola Archeosofica e l’itinerario di ascesi da essa proposta è aperta agli uomini ed alle donne, senza alcuna distinzione. Il suo Fondatore, Tommaso Palamidessi, scrivendo e dedicando uno specifico Quaderno alla donna, credo ci abbia lasciato in eredità il dovere di affermare la dignità della Donna, paritetica a quella dell’Uomo.
Entrambi devono percorrere insieme la via dell’ascesi, mettendo a disposizione dell’Ideale le proprie differenti, ma complementari, qualità: “Se la donna, alla sua meravigliosa natura religiosa, alla sua grande capacità di amare e di donarsi, alla sua stupenda intuizione del divino aggiungerà l’impulso creativo, la volontà combattiva per l’affermazione del messaggio cristiano, allora il mondo sarà veramente rinnovato, e le forze Ahrimaniche del materialismo fermate” (Quaderno 2°, Tommaso Palamidessi).
di Francesco Parisi
tratto da: https://lezionidiarcheosofia.wordpress.com/2016/10/02/la-donna-nella-tradizione-esoterica-di-francesco-parisi/
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