Contestualizzazione storica
La Massoneria trae le proprie origini in Inghilterra, durante il XVI secolo, dall’antica Gilda dei Liberi Muratori nel cui consesso (essendo declinati gli interessi per l’Arte Muratoria rispetto al periodo aureo della costruzione di chiese e cattedrali) furono accettati alcuni aristocratici ed intellettuali.
Le tracce più remote possono essere ricondotte ai Collegia Artificum dell’antica Roma, ai Maestri Comacini del Medioevo, alle Accademie del Rinascimento. Il termine “Massoneria” compare per la prima volta nel “Poema Regio” del 1390.
A partire dal 1535 (“Carta di Colonia”) le Logge accolsero tra le loro colonne, come detto, anche uomini non impegnati nelle arti muratorie, purché di elevata moralità, cultura e laboriosità. Erano i cosiddetti “muratori accettati”. Questo portò all’evoluzione del lavoro in senso speculativo, ossia la trasposizione, attraverso il linguaggio muratorio, del modus operandi finalizzato alla costruzione del Tempio Interiore nella propria Coscienza, e del Tempio Universale nell’opera quotidiana a beneficio dell’Umanità.
Il processo che ha condotto all’evoluzione dalla “Muratoria” alla “Massoneria”, è stato ratificato il 24 giugno 1717 (Festa di San Giovanni Battista) allorché quattro Logge di Londra si riunirono presso la trattoria “l’Oca e la Graticola” fondando la prima Gran Loggia della storia.
La Genesi
L’origine leggendaria della Massoneria si colloca tuttavia in un periodo di gran lunga antecedente: Abramo conobbe la geometria sacra ad Ur in Caldea e la trasmise ai suoi discendenti, fino a Mosé, e da questi a Salomone che, con l’aiuto di Hiram re di Tiro e di Hiram il muratore, costruì il primo Tempio.
Durante i lavori, Hiram il muratore (architetto nominato da Salomone) venne ucciso a tradimento dai tre “cattivi compagni” che intendevano carpirgli i segreti dell’Arte, conoscibili dai soli Maestri attraverso la trasmissione della Parola.
Da allora, il Tempio è “incompiuto”, e ciascun Libero Muratore è chiamato ad apportare il proprio contributo al perfezionamento dell’Opera, seguendo gli stessi “Antichi Doveri” e regolamenti che applicavano i Massoni operativi fin dal XIII secolo (cfr.: “Statuta et ordinamenta societatis magistrorum muri et lignamiis” del 1248, altrimenti detta Carta di Bologna).
2. Loggia e Tempio
Ricordiamo come, al tempo delle grandi costruzioni, sede della corporazione era la capanna o “Loggia”, situata presso l’edificio da costruire (pieve, basilica, convento, cattedrale), nella quale si apprendeva e si perfezionava l’Arte.
La Loggia era una struttura temporanea, adiacente al Tempio che i Muratori stavano edificando; in essa erano riposti gli strumenti del mestiere, nella stessa trovavano riparo gli Operai in caso di mal tempo, e si riunivano periodicamente al fine di pianificare gli architettonici lavori, completati i quali la Loggia sarebbe stata rimossa.
Gli insegnamenti erano impartiti in tempi diversi (iniziazione graduale), secondo determinati riti, attraverso una tradizione esoterica riservata ai soli iniziati e riguardavano le regole tecniche dell’Arte, comprensive delle norme etiche e religiose.
Con il passaggio alla Massoneria “speculativa” il centro di aggregazione, ove custodire e condividere la Tradizione, divenne la trattoria! Detta così, la cosa potrebbe far sorridere; tuttavia ai nostri fini assume un valore non trascurabile.
I Massoni accettati si riunivano in un ambiente che oggi potremmo chiamare “profano” (ossia esterno al Tempio: pensiamo che “l’Oca e la Graticola” era presso il sagrato della St. Paul’s Cathedral di Lodra) e dunque privo delle caratteristiche che noi possiamo osservare oggi in un Tempio Massonico.
All’apertura dei lavori, anche allora, veniva tracciato sul suolo con il gesso il Quadro di Loggia, attraverso cui erano rappresentati gli strumenti del mestiere (in grado di Apprendista, tra gli altri: una squadra e un compasso, il sole e la luna, la pietra grezza e la pietra cubica a punta, la livella e la perpendicolare, i tre scalini ed il pavimento a scacchi, le due colonne e la porta del tempio, le tre luci, il mazzuolo e lo scalpello).
Inoltre, come detto, la Loggia era esterna al Tempio, che gli Operai stavano edificando, anche al tempo della Muratoria operativa.
Ha senso dunque, oggi, circoscrivere lo spazio del Tempio, in senso metafisico, ammesso che ciò sia possibile? E quali caratteristiche deve possedere questo spazio?
Per rispondere a queste domande userei volentieri quanto scritto dal Gloton: “molti dei nostri Fratelli pensano che occorra, per proteggere i lavori dell’Officina, un locale particolarmente disposto. Invece qualsiasi sala può andar bene, dal momento che il tracciato della Loggia figura tra le colonne.” (cfr.: “Le Chaine d’Union”, 1938)
Perché mai, dunque, i luoghi entro cui ci riuniamo hanno forme ed arredi predefiniti e stereotipati, rappresentativi ed esplicativi (guarda caso!) del tracciato disegno del Quadro di Loggia?
Il fenomeno dovrebbe aver avuto principio a cavallo tra la fine del XVIII ed il XIX secolo, in quel periodo di forte cambiamento culturale che ha prodotto la progressiva scomparsa (dal mondo profano, per proseguire in via esoterica la propria missione) degli Ordini Cavallereschi, alle rivoluzioni politiche (americana, francese, italiana) ed alla diffusione del pensiero Illuminista, che pure potrebbe aver trasformato l’approccio alla Massoneria (di cui era figlio).
È tipico, infatti, di questa corrente di pensiero il tentativo di imprigionare la conoscenza attraverso categorie e strumenti replicabili (com’è stato per l’Enciclopedia).
Sicuramente risulta più immediata l’osservazione dei simboli attraverso la rappresentazione esteriore, forse anche più intuitiva.
Considerando che la Massoneria “accettata” conduce un lavoro “speculativo” attraverso questi simboli, probabilmente il fine perseguito è stato quello di meglio comunicarne il significato.
Forse anche per preservarlo da successive contaminazioni, poichè questo specchio un semplice soffio lo appanna! (“Flatus irritus odit”)
3. La costruzione del Tempio, tra speculazione ed operatività
Il lavoro della Massoneria è scavare prigioni al vizio, edificare Templi alla Virtù, lavorare al bene ed al progresso dell’Umanità. Ma queste prigioni e questi Templi sono forse espressioni figurate? È possibile distinguere tra speculazione ed operatività? Il lavoro, in definitiva, avviene sul piano fisico o metafisico?
Tornando sul sentiero storico che abbiamo percorso insieme, proviamo a verificare se il dualismo operativo/speculativo abbia una qualche giustificazione.
Soffermiamoci ad osservare la facciata di una Cattedrale. Vi è nascosto un messaggio invisibile tra le geometrie architettoniche, che tratteggiano l’Albero Sephirotico, retaggio della cosmogonia ebraica. La sacralizzazione della “Mater materia” in questi immortali edifici è anche magistralmente descritta dal Fulcanelli, a testimonianza di come gli stessi costituiscano dei veri e propri “libri di pietra” che, con le loro forme e le loro decorazioni, descrivono i procedimenti dell’Opera alchemica.
La Muratoria, abbiamo detto, lavorava in modo “operativo”. Tuttavia, nell’edificazione dei Templi, utilizzava un procedimento “speculativo” per “rivelare” simboli che soltanto agli Iniziati era possibile “svelare”. Poiché sappiamo che gli insegnamenti venivano impartiti in modo graduale, probabilmente non era a tutti noto cosa esattamente stessero realizzando. Ma lo realizzavano lo stesso.
“…in ogni Opera d’Arte vi sono sempre quattro significati: il letterale, l’allegorico, il morale e l’anagogico.” (Dante Alighieri, Convivio, Tomo II)
Allo stesso modo sono convinto che la moderna Massoneria “accettata” non possa lavorare soltanto in modo “speculativo”. A che servirebbe, infatti, ragionare dei massimi sistemi in un inutile esercizio intellettuale, dissertare amabilmente come in un salotto, a proposito degli strumenti dell’Arte e del loro significato simbolico, se poi non si è capaci di utilizzarli quotidianamente?
Il lavoro speculativo e quello operativo sono in realtà strettamente collegati, rappresentando l’uno il metodo e l’altro l’applicazione dei medesimi principi. Il lavoro speculativo deve essere finalizzato a riconoscere entro sé stessi i simboli che si osservano al di fuori, per armonizzare il mondo interno con quello esterno (attraverso il così detto “Specchio dell’Arte” degli Alchimisti, egregiamente rappresentato nello Splendor Solis di Trismosin alla Tavola numero 9 “Ermafrodita”).
Coerentemente con l’evoluzione storica, ed il mutamento delle esigenze dell’Uomo, ci troviamo oggi a lavorare apparentemente con un approccio “speculativo” nelle nostre Officine. Tuttavia sappiamo che il Tempio si estende da Oriente ad Occidente, da Meridione a Settentrione, dallo Zenit al Nadir. E la Loggia non è racchiusa tra quattro mura, bensì tra la Catena d’Unione che lega insieme tutti i Fratelli.
Squadrare il Tempio, al principio dei lavori, significa creare lo Spazio Sacro. Lavorare da mezzogiorno a mezzanotte significa creare il Tempo Sacro. Portare al di fuori del piano di percezione fisico le dimensioni spazio/temporali significa riprodurre costantemente in Terra l’Ordine Cosmico. Si procede sul pavimento a scacchi, ma proiettati verso la Volta Celeste, seguendo il movimento del Sole e della Luna, e degli altri Astri rappresentati nelle costellazioni zodiacali che sovrastano le colonne.
Lo studio del simbolismo segreto del Tempio deve tradursi (esotericamente ed operativamente), in conclusione, nella sua edificazione attraverso le tre dimensioni: Tempio Interiore (Microcosmo); Tempio Collettivo (Eggregore massonico, che vivifica la Loggia e crea la dimensione spazio/temporale metafisica); Tempio Universale (Macrocosmo), ossia l’umanità nella sua interezza senza alcuna distinzione, al cui bene e progresso siamo chiamati a lavorare ogni giorno.
Link: http://www.fuocosacro.com/pagine/simbastrologia/tempiomassonico.htm