Claudio Belmondo (1900-1976) è stato un ingegnere meccanico italiano che ha lasciato un segno nel panorama industriale e tecnologico del XX secolo. Nato nel 1900, si laureò nel 1923 al Politecnico di Torino, cuore pulsante dell’ingegneria italiana, e sviluppò una carriera che lo vide alla guida della Volugrafo, un’azienda torinese nota per i suoi scooter d’epoca e, durante la guerra, per tecnologie militari avanzate. Tuttavia, la vera passione di Belmondo erano i razzi, un interesse che lo portò a fondare un centro di studi e a condurre esperimenti pionieristici negli anni ’30.

Formazione e contesto torinese

Laureatosi in ingegneria meccanica al Politecnico di Torino nel 1923, Belmondo entrò in un ambiente accademico e industriale di eccellenza. Il Politecnico, fondato nel 1859 come Scuola di Applicazione per gli Ingegneri e divenuto Regio Politecnico nel 1906, era un centro di innovazione tecnologica, strettamente legato all’industria torinese. Negli anni ’20 e ’30, Torino si consolidava come polo manifatturiero, e Belmondo acquisì in questo contesto le competenze che avrebbero caratterizzato il suo percorso.

La Guida della Volugrafo

Nel 1931, Claudio Belmondo assunse la direzione della Società Anonima Volugrafo, un’azienda con sede in corso Belgio 107 a Torino (gli edifici originari sono oggi scomparsi). Specializzata inizialmente in rimorchi, cisterne e pompe per distributori di carburante, sotto la sua gestione la Volugrafo si distinse per la produzione di scooter d’epoca, come il Volugrafo Aermoto.

Questo veicolo a due ruote, introdotto negli anni ’30, offriva una soluzione di mobilità leggera e accessibile, inserendosi nel panorama dei trasporti dell’epoca. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Volugrafo ampliò le sue attività, producendo tecnologie originali e avanzate per le Forze Armate italiane, dimostrando la versatilità industriale dell’azienda.

https://patrimonioacs.cultura.gov.it/patrimonio/c46722ba-a434-4e89-9cea-02f81334fb24/20299-n-20299-belmondo-claudio-07-04-1941-27-09-1941

Il Centro Studi di Propulsione a Reazione

Intorno al 1933, Belmondo, insieme ad altri collaboratori e con il sostegno finanziario da lui stesso fornito a Cicogna, fondò il “Centro Studi di Propulsione a Reazione”. Poco dopo, il centro trovò sede presso gli stabilimenti della Volugrafo, in corso Belgio 107. Questo progetto rifletteva l’interesse di Belmondo per la propulsione innovativa, un campo allora agli albori in Italia. Il centro si dedicò allo studio e allo sviluppo di razzi, un’attività che, pur modesta rispetto agli standard internazionali, rappresentò un passo significativo per il contesto tecnologico italiano dell’epoca.

Tra settembre e ottobre del 1939, Stampa Sera dedicò una serie di servizi a questi esperimenti.

Belmondo utilizzava razzi in bachelite, una resina fenolica allora diffusa, lunghi 60 centimetri e stabilizzati con giroscopi collegati a impennaggi.

Spinti da propellenti liquidi, questi razzi raggiungevano distanze di tre chilometri e altitudini di qualche migliaio di metri. Sebbene non fossero paragonabili alle ricerche di pionieri come l’americano Robert H. Goddard, i dispositivi di Belmondo erano innovativi per l’Italia di allora.

L’ingegnere progettava di equipaggiarli con carichi per la guerra psicologica, come volantini, e di integrare motori a reazione dopo la spinta iniziale a razzo, con l’obiettivo di sviluppare missili a lunga autonomia. Gli esperimenti godevano del sostegno delle autorità, in particolare del generale Giuseppe Valle, capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica. Tuttavia, i lanci rimanevano modesti, più dimostrativi che operativi.

Un episodio significativo avvenne il 7 ottobre 1939, quando un razzo di Belmondo, partito da Valle Ceppi – una località sulla collina torinese sotto la basilica di Superga – generò un fenomeno celeste insolito. Munito di una sfera di un chilo di magnesio, il razzo, incendiandosi, creò l’illusione di una “luna” in espansione, scambiata dalla popolazione per una cometa.

Stampa Sera ne parlò il 9 ottobre, descrivendo lo stupore e l’inquietudine dei torinesi, poco abituati a simili spettacoli.

Nel 1940  deposita il progetto di un “Proiettile a reazione”

18017: n. 18017 – Belmondo Claudio (22/06/1939 – 31/10/1940)

https://patrimonioacs.cultura.gov.it/patrimonio/0e2abb2b-e463-47af-abc9-723acf24669c/18017-n-18017-belmondo-claudio-22-06-1939-31-10-1940

Nel 1941 deposita il progetto di un “Proiettile a reazione con involucro di vetro”

21619: n. 21619 – Belmondo Claudio (13/11/1941 – 30/04/1942)

https://patrimonioacs.cultura.gov.it/patrimonio/6411ff64-2191-425b-95b9-b86ee50a8747/21619-n-21619-belmondo-claudio-13-11-1941-30-04-1942

La Bimbo 46: Un’Innovazione del Dopoguerra

Dopo la guerra, Belmondo tornò a concentrarsi sulla mobilità leggera. Nel 1946, la Volugrafo lanciò la Bimbo 46, una microcar da lui progettata. Con un passo di 1,5 metri, carrozzeria in alluminio priva di porte e un motore modesto, questo veicolo era pensato per l’Italia del dopoguerra. Immatricolata come automobile, poteva ospitare due persone di piccola statura ed era accessibile scavalcando la fiancata, incarnando la praticità e l’ingegno di Belmondo in un periodo di risorse scarse.

Un’Eredità nell’Ingegneria Italiana

Claudio Belmondo morì nel 1976, concludendo una carriera che spaziò dalla produzione industriale agli esperimenti con i razzi. Il suo lavoro alla Volugrafo, con veicoli come l’Aermoto e la Bimbo 46, e la fondazione del Centro Studi di Propulsione a Reazione testimoniano il suo contributo alla tecnologia italiana.

I suoi razzi, pur limitati, offrirono una visione avveniristica, mentre i suoi mezzi terrestri restano icone per gli appassionati di motori d’epoca. Belmondo incarna lo spirito di un’epoca in cui l’ingegneria italiana esplorava nuove frontiere, dalla mobilità quotidiana alle ambizioni celesti.

I Brevetti

https://patrimonioacs.cultura.gov.it/entita/2755197b-38a0-499f-b1e9-88366f51acff/Belmondo%20Claudio/oggetti-collegati?size=10

Riferimenti

https://www.scooterdepoca.com/schede/scooter_brand.asp?categoriaID=41

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